2019, agosto
VT: Ma… è il primo verso del carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo! Me lo ricordo ancora di quando andavo a scuola! Intende forse inaugurare l’Agosto culturale a Tenerife?
Giovanni Comoli: Beh, Agosto è un buon mese per la cultura: la gente è in vacanza e i ritmi sono più rilassati. Si ha più tempo per leggere e per riflettere.
VT: Però, il Foscolo, nel suo Dei Sepolcri, tratta della morte. Non è un tema adatto per le vacanze, non crede?
GC: Se ci pensa bene, è dedicato alla vita. Il Foscolo sostiene che è giusto che i grandi uomini debbano avere tombe adeguate a loro affinchè i vivi siano stimolati a emularne la grandezza.
VT: …Uhm, conoscendola, non credo che alla fine l’argomento del mese sia la cultura.
GC: Ha ragione! L’idea del mese nasce dalle notizie del telegiornale. Poche settimane fa, nel giro di quattro giorni, sono mancati tre grandi personaggi italiani.
VT: Certo! Camilleri, De Crescenzo e Borrelli!
GC: I primi due, scrittori, sceneggiatori e registi, che hanno fatto conoscere l’Italia al mondo; il terzo il magistrato che ha diretto il cosiddetto pool di Mani Pulite, il gruppo che ha portato alla luce le miserie dell’Italia.
VT: Ora capisco perchè il riferimento al Foscolo! Vuole parlare dell’ispirazione che devono dare i grandi uomini?
GC: No! Vorrei parlare della mancanza d’ispirazione.
VT: In che senso, scusi?
GC: L’Italia è piena di grandi uomini. Dai grandi imperatori, generali e condottieri dell’epoca romana fino al Rinascimento ed oltre, possiamo contare con elenchi infiniti di nomi. Vorrei citarne qualcuno, ma farei dei torti a quelli che non nomino. Ognuno dei lettori può stilare la sua lista.
VT: Ha ragione! Sa che, analizzando Wikipedia, è stata stilata la classifica dei 100 personaggi più importanti della storia e ben 10 erano Italiani?
GC: Lo immagino! E questo perchè si considerano solo i famosi. Io invece vorrei essere la voce dei milioni di piccoli grandi uomini che hanno fatto grande l’Italia. Ad esempio, i nostri padri e nonni che hanno perso due guerre, si sono rimboccati le maniche e hanno portato l’Italia negli anni ’60 ad essere una delle più grandi realtà industriali del mondo.
VT: Ha ragione, si parla poco della gente comune!
GC: La gente comune è quella che dovrebbe ispirarsi ai grandi uomini per crescere ed essere migliore dei genitori: solo così un Paese diventa grande.
VT: Sono d’accordo con Lei! Ora arriva un però, vero?
GC: Lei mi stupisce! Sa di cosa voglio parlare ancora prima che lo faccia.
VT: Gia! Allora, questo però?
GC: Però, non mi dica che l’Italia di oggi è il Paese in cui i cittadini possono dire di essere ispirati dai grandi uomini che li hanno preceduti: la grande realtá industriale è un triste ricordo; il turismo è ridicolo se confrontato con quanto avremmo da offrire ai turisti; le città sono in misere condizioni di abitabilità e la corruzione sembra essere condizione necessaria di vita (nonostante il lavoro di personaggi come Borrelli). La sensazione è che l’Italiano abbia smesso di sforzarsi e si aspetti che tutto gli arrivi dall’alto.
VT: Perchè è successo, secondo lei?
GC: Personalmente ritengo che tutto sia partito dal ’68. Devo ammettere che la generazione di chi è nato fra il 1940 e il 1950 ha fatto grandi cose. Io ero un bambino ed ammiravo il coraggio con cui questi giovani, repressi da una cultura bigotta e castrante, hanno affrontato i genitori. Con le manifestazioni e i movimenti culturali dell’epoca, sono arrivati la libertà sessuale, il divorzio, l’aborto e il femminismo.
VT: Tutti fenomeni positivi, no?
GC: Certo! Però, credo che poi si siano lasciati prendere la mano. I lavoratori, grazie agli scioperi, all’inizio hanno ottenuto un doveroso riconoscimento dei loro diritti ma poi negli anni ’70 e ’80 erano più i giorni di protesta che quelli di lavoro. Con i diritti acquisiti e intoccabili, sono arrivati l’assenteismo per malattia nelle fabbriche, le baby pensioni, il fenomeno del “timbrare il cartellino ed uscire” e un sindacalismo eccessivo che di fatto ha protetto pigri e furbi.
VT: È stata un’epoca molto calda!
GC: Vero! Però tutti sapevano che non poteva reggere. Opponendosi ad una cultura repressiva, la generazione “ribelle” ha buttato via, senza volerlo, anche gli aspetti positivi trasmessi dalle precedenti generazioni, primi fra tutti i valori morali e il concetto dell’onore. Alla fine, si è diffusa una cultura ostile alla socialità ed allo Stato: addirittura, molti Italiani hanno imparato a fingersi handicappati o separati per accaparrarsi quei benefici previsti per chi è in una vera condizione di necessità.
VT: Questo è un vero mal costume!
GC: Questa generazione non ha voluto capire che la cassa in cui entrano le imposte e quelle da cui escono i servizi è la stessa: si aspettano di ricevere regolarmente la pensione, però non vogliono pagare l’IVA sulla fattura dell’idraulico. Che dire poi dell’ipocrisia che vedo in ex-sindacalista che, dopo una vita di lotta per i diritti dei lavoratori, oggi viaggia utilizzando compagnie low-cost o compra prodotti fatti in Cina dove nessun lavoratore possiede una minima parte dei diritti per cui si è battuto?
VT: Non mi dirà che tutto è colpa di quella generazione?
GC: No certamente! Ognuno è responsabile delle sue azioni e di come educa i figli. Però, deve ammettere che chi fa una rivoluzione (ed il ’68 lo è stato) si assume una responsabilità maggiore. Cinquant’anni anni dopo il ’68, vedo che i giovani di oggi ricevono in eredità un mondo altamente inquinato e si ritrovano obbligati a pagare diritti pensionistici ai quali loro non potranno mai avere accesso, oltre ad un debito pubblico per servizi di cui hanno goduto altri.
VT: Lei è molto critico con il debito pubblico. Eppure, c’è chi dice che non si tratta di un vero debito in quanto lo Stato lo stipola con i suoi cittadini.
GC: Le offro un altro punto di vista: immagini un padre che, invece di invitare il figlio primogenito a comprarsi l’auto, si fa prestare i soldi da questo figlio per comprargliela lui, promettendogli di pagargli gli interessi sul prestito. Poi, questo padre, non potendo farlo con il fratello maggiore, obbligherà il figlio minore a dargli i soldi da restituire al primogenito.
VT: Credo di cogliere l’analogia!
GC: Certo! Il padre è lo Stato che, invece di aumentare le tasse per offrire servizi ai contribuenti, offre loro di comprare i BOT; il primogenito è il contribuente che compra i BOT e riceve in cambio servizi ed interessi; il figlio minore sono i giovani di oggi costretti a pagare i debiti fatti da altri. Si può dire che non è un vero prestito perché resta in famiglia, però qualcuno ha chiesto cosa ne pensa il figlio minore?