2015, dicembre

ViviTenerife – Con i suoi titoli riesce a sorprendermi ogni mese. Che tema vuole toccare in questo numero?

Giovanni Comoli – Beh, mi è piaciuto molto l’editoriale che lei ha pubblicato nel numero del mese di Novembre. Vorrei aggiungere la mia opinione parlando della difficoltà di integrarsi.

VT – Ritiene che sia un aspetto difficile del trasferimento?

GC – Il più difficile! Tutto dipende dalla predisposizione al cambio.

VT – Per questo parla di umiltá?

GC – Essere umili significa essere consapevole dei propri limiti. Quando si pensa di trasferirsi a vivere o si desidera fare investimenti in un Paese straniero e, per di più, in un’isola, non ci si può continuare a comportarsi come lo si è fatto nel proprio Paese. Occorre capire ed adeguarsi ai meccanismi, usi e costumi di questa nuova realtà.

VT – Si rivolge a chi cerca lavoro perchè non sia troppo esigente?

GC – Mi rivolgo a tutti i lettori del suo giornale. Sia che cerchino lavoro, sia che aprano imprese, comprino prodotti e servizi o li vendano, devono cambiare il livello di esigenza per adeguarsi a quello vigente nelle Canarie. Quì tutto è molto diverso dall’Italia!

VT – Lei ritiene che l’italiano nelle Canarie non si comporti adeguatamente?

GC – Se lo dicessi io, non sarebbe che una mera opinione. Purtroppo, con l’arrivo di un alto numero di nostri connazionali, si è diffusa una certa insofferenza da parte dei locali che considerano l’italiano un arrogante. Lo sa bene chi sta cercando appartamenti o negozi in affitto e che trova sempre più difficile ottenerli.

VT – Secondo lei, per quale motivo ci si comporta così?

GC – Il problema è il nostro egocentrismo. L’italiano possiede una eccessiva considerazione di se stesso che, credo, derivi dal vivere sugli allori: siamo ancora legati all’antica Roma, ai successi artistici e scientifici del Rinascimento nonchè al trionfo del Made in Italy. Questo lo porta a fare due tipi di errori: da una parte illudersi di avere scoperto un grande affare, dall’altra essere un cliente poco considerato e comprensivo. Nel primo caso il danneggiato è se stesso a favore dei venditori più scaltri, nel secondo si creano inconvenienti agli altri e, con il tempo, si sono prodotte immagini negative: ho seguito clienti che si sono dilungati in lunghissime trattative nella stesura di un contratto per poi, molte volte, decidere di non firmarlo o di non rispettarlo.

VT – Perchè crede che il consumatore italiano sia così?

GC – In Italia, a causa della presenza della chiesa e di un lungo periodo di lotta di classe susseguente allo sviluppo della grande industria, si è creata una forte contrapposizione fra il cliente e le imprese.

VT – Cosa comporta questa cultura?

GC – Le imprese dovrebbero essere aiutate perchè producono posti di lavoro, esportano prodotti ed immagine ed, in altre parole, arricchiscono il Paese. Invece sono viste come approfittatrici di bisogni, sfruttatrici di dipendenti e speculatrici, oltre al fatto che le si accusa di evadere le imposte. In realtà la pressione fiscale italiana tartassa le aziende favorendo invece il risparmio privato e il patrimonio. Si possono ereditare o ricevere grandi capitali dalla famiglia senza praticamente pagare nulla, così come non si pagano imposte sui guadagni prodotti dalle compravendite di immobili. Questa cultura è talmente diffusa che anche il piccolo consumatore si sente in diritto di esigere sconti come ad indicare che i margini aziendali sono esagerati. Risultato? Le imprese, anche se sane e redditizie, stanno chiudendo in massa.

VT – Come funziona in Spagna?

GC – In modo più equilibrato. Il lavoro, spina dorsale di qualsiasi Paese, è poco tassato e, se gli utili sono reinvestiti, addirittura viene agevolato. Al contrario, le variazioni patrimoniali e le speculazioni, cioè le rendite prodotte con poco sforzo, sopportano un carico fiscale molto elevato. In questo sistema le imprese crescono e il Paese attira capitali ed investimenti esteri.

VT – Cosa vorrebbe dire agli italiani che intendono trasferirsi?

GC – Solo invitarli all’umiltà. Non ci si può presentare in un altro Paese convinti di apportare cultura e qualità. Se siamo così bravi, come mai stiamo emigrando in massa? Per convincersi del bisogno di un bagno di modestia, basta pensare al fallimento del nostro settore turistico: possediamo più del 50% dei beni artistici del mondo, montagne, colline e migliaia di km di coste in un clima fra i più temperati d’Europa. Come mai siamo solo il quarto Paese al mondo come numero di turisti, dietro a Francia, Stati Uniti e Spagna? È bene meditare….!

Comoli Consulting
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