2014, giugno
ViviTenerife – Siamo ancora in periodo di dichiarazione dei redditi, no?
Giovanni Comoli – Si, fino alla fine di Giugno sarà il nostro pane quotidiano.
VT – Perchè vuole parlare dei redditi esteri?
GC – Perchè la maggior parte dei lettori del giornale sono italiani che hanno preso la residenza nelle Canarie. Molti di loro hanno ancora il cuore in Italia e non si rendono conto che ora quello è un Paese estero e che devono sapere come dichiarare i redditi là prodotti.
VT – Come si fa, quindi?
GC – Partiamo dal presupposto che quando una persona è residente in uno Stato, deve sottoporre alla legge fiscale di questo Paese tutti i redditi prodotti, anche quelli generati in altri Paesi nel mondo. In questo modo si definirà il suo reddito totale nel Paese di residenza ai fini di avere diritto o meno ad agevolazioni, concessione di aiuti, detrazioni o deduzioni fiscali.
VT – Però, se il reddito è già tassato in un altro Paese, non si trova a pagare una seconda volta?
GC – No! Esistono dei meccanismi per evitare le doppie tassazioni internazionali. Ai fini pratici, un italiano quì residente dovrà presentare una denuncia in Italia per i redditi lì prodotti in base alle Leggi italiane applicate ai non residenti e pagarne le eventuali imposte. Successivamente deve aggiungere tali redditi alla dichiarazione spagnola. Dal risultato potrà detrarre quanto già versato in Italia. Come caso limite si troverà a pagare una differenza nel caso esistano aliquote più alte in Spagna per lo stesso tipo di reddito.
VT – Quali sono i redditi esteri che vanno dichiarati?
GC –Beh, direi tutti. Ad esempio redditi di attività economica, pensioni di qualsiasi tipo, interessi bancari, affitto di immobili, dividendi sugli utili delle società e plusvalenze o minusvalenze immobiliarie e mobiliarie (vendita di azioni e obbligazioni).
VT – Ricordo però che in una precedente intervista lei aveva detto che alcuni redditi possono o devono essere tassati in Italia anche se una persona è residente in Spagna.
GC – Gli accordi bi-laterali fra Italia e Spagna prevedono in quale dei due Paesi, se in quello di residenza o in quello in cui si produce il reddito, debba essere pagata l’imposta. Ad esempio, le pensioni devono essere tassate nello Stato di residenza, quelle dei dipendenti pubblici in quello che le eroga mentre per gli interessi bancari decide il contribuente. In ogni caso, anche se si sono pagate le imposte in Italia, vanno poi comunque dichiarati i redditi in Spagna affinchè questo Paese sia a conoscenza dei mezzi di sostentamento dei suoi cittadini.
VT – Se una persona possiede solo una casa in Italia, come deve comportarsi?
GC – Avere preso la residenza in Spagna sottointende che ci viviamo almeno 183 giorni l’anno. Se abbiamo delle proprietà immobiliari in Italia, per logica, dovranno essere considerate seconde case e soggette a IRPEF per non residenti. Ripeto, il fatto di pagare l’imposta in Italia non dispensa da quello di denunciarlo in questo Paese.
VT – Il mese scorso lei aveva detto che l’obbligo di presentare la dichiarazione esiste solo sopra certi valori. Vale anche per i redditi esteri?
GC – In Spagna l’obbligo della dichiarazione esiste solo sopra certi limiti, come ad esempio l’importo di 22.000,00 € se una persona ha solo un reddito da lavoro o pensione. La Legge però chiarisce che tali condizioni valgono solo per i redditi sottoposti alla normativa dell’Agenzia Tributaria Spagnola. Questo significa che i redditi sottoposti ad Agenzie Tributarie di altri Paesi non hanno nulla a che vedere con tali regole.
VT – Non esistono quindi limiti per i redditi esteri? GC – Per liberare dall’obbligo i piccoli contribuenti, sono esentati tutti coloro che hanno ingressi inferiori ai 1.000,00 € annuali. Sopra questa cifra i redditi esteri vanno indicati. Ad esempio, i pensionati italiani che hanno solo una pensione di 5.000,00 € e che in Italia non presenterebbero dichiarazione, una volta trasferitisi in Spagna sono tenuti a farlo anche se neppure quì pagheranno imposte