2018, maggio

VT: Ho capito! Vuole parlare della circolazione stradale!

Giovanni Comoli: Lei ci prova sempre a giocare con i miei titoli. Oggi vorrei parlare della dichiarazione dei redditi, il modello 100.

VT: È iniziato il periodo, no? Se non sbaglio c’e tempo fino al 30 Giugno.

GC: In realtà, quest’anno fino al 2 Luglio, visto che il 30 cade di Sabato.

VT: Però, perchè il limite?

GC: Perchè noto molta confusione sui limiti minimi per fare la dichiarazione.

VT: Sul fatto che fino a 22.000,00 € non si deve presentare?

GC: Ecco, Lei è un’efficace dimostrazione di quanto possa essere utile il mio intervento.

VT: … ma perchè, si deve presentare lo stesso?

GC: Abbia pazienza, adesso glielo spiego nei dettagli. Andiamo però con ordine!

VT: D’accordo, faccia pure!

GC: Prima di tutto vorrei ricordare che il modello 100 è la dichiarazione annuale dei redditi delle Persone Fisiche, equivalente all’italico 730.

VT: Che redditi si dichiarano?

GC: Quello che si deve dichiarare è la somma di tutti i redditi prodotti da qualunque parte nel mondo. È il concetto del “reddito mondiale”.

VT: Non è sufficiente dichiarare i redditi prodotti in ogni Paese in modo indipendente?

GC: Questo lo si fa nei Paesi in cui non si è residenti dove si paga, generalmente, un’aliquota fissa sul reddito prodotto lì e non si ha diritto a detrazioni. Nel Paese di residenza, le aliquote sono proporzionali, cioè crescono in rapporto con l’aumentare degli introiti. Inoltre, i bassi redditi godono di detrazioni, deduzioni ed esenzioni. Se non si dichiarano tutti i guadagni prodotti da qualsiasi parte del mondo, si pagano imposte con aliquote inferiori a quelle dovute o ci si appropia di aiuti e agevolazioni che dovrebbe essere riservate a chi è meno fortunato.

VT: Capisco! Per questo hanno aumentato lo scambio di informazioni fra Paesi?

GC: Certamente! La seconda cosa che dobbiamo capire è che sotto certi limiti, che ora analizzeremo, abbiamo la possibilità di non presentare la dichiarazione. Questo non vuole dire che non dobbiamo farlo ma solo che siamo liberi di scegliere.

VT: Mi scusi, ma chi va a presentare la dichiarazione se non è obbligato?

GC: Ad esempio quelle che io considero persone sagge ed avvedute. Le prime perchè in questo modo hanno il vantaggio di potere effettivamente dimostrare la propria residenza fiscale; le altre, per recuperare parte del versato.

VT: Davvero si recupera parte del versato?

GC: Quest’anno l’Agenzia delle Entrate spagnola prevede di ricevere il 69% delle dichiarazioni con un risultato a credito del contribuente.

VT: Perchè si crea un credito?

GC: Nell’esercizio di una attività economica si versano degli acconti mentre chi riceve una pensione, uno stipendio o un affitto, spesso subisce delle trattenute fiscali. L’anno successivo si fa la dichiarazione e, applicando detrazioni e deduzioni, si scopre che si è versato più del dovuto. In Spagna questa cifra si recupera in pochi giorni. Se non si presenta la dichiarazione, o non si fa almeno la prova, semplicemente si perdono dei soldi.

VT: Effettivamente…! Parliamo ora dei limiti minimi?

GC: Volentieri, però cominciamo a capire il concetto di base! La dichiarazione annuale è un conguaglio fra la somma di tutti i nostri redditi con le trattenute subite e gli acconti versati. Il risultato finale può essere a debito o a credito, come abbiamo visto più sopra.

VT: Mi sembra chiaro!

GC: Immagini ora un lavoratore part-time che ha uno stipendio di 450,00 € al mese. Con una cifra così bassa, non deve pagare imposte per cui il datore di lavoro non gli applica trattenute.

VT: Giusto!

GC: Però, che succede se questa persona ha due lavori par-time? Il suo reddito sarebbe di 10.800,00 € l’anno e questo reddito sì che è sottoposto ad imposte. Siccome non subisce trattenute da nessuno dei due datori di lavoro, è obbligato a presentare la dichiarazione.

VT: Perchè allora tutti parlano del limite dei 22.000,00 €?

GC: Si applica in pochissimi casi e solo se si hanno redditi spagnoli.

VT: Perchè?

GC: Chi ha un unico reddito che gli viene pagato da un datore di lavoro o da un ente pubblico spagnolo, viene già assoggettato ad un’adeguata trattenuta fiscale in Spagna, per cui non è tenuto a presentare la dichiarazione. Però, è sufficiente che abbia un secondo reddito, come ad esempio una seconda casa, anche all’estero, per doversi assoggettare all’obbligo. In questo modo si adegua l’aliquota applicata dal datore di lavoro a quella che corrisponde in base ai suoi guadagni totali.

VT: E gli altri limiti minimi?

GC: Sono veramente piccoli: non presenta la dichiarazione chi ha avuto nel passato esercizio fiscale solo dividendi, premi o interessi attivi per meno di 1.600,00 €. Allo stesso modo è esentato chi ha avuto la somma delle rendite immobiliari o degli stipendi inferiori a 1.000,00 €. Chi ha avuto attività economiche, anche se in perdita, variazioni patrimoniali, due o più datori di lavoro o ha superato i minimi sopra descritti, è obbligato a presentare la dichiarazione.

VT: Alla fine sono veramente pochi quelli esenti.

GC: Difatti, con 46 milioni di abitanti, in Spagna si presentano ogni anno circa 20 milioni di modelli 100. Se tutto fosse così esentato come si dice, sarebbero molto meno, non crede?

VT: Certo! Ma neppure ci sono delle attenzioni particolari per i pensionati?

GC: Ho lasciato per ultimo questa categoria perchè richiede un discorso a parte. In Italia, un pensionato con una pensione di 700,00 € al mese, si ritrova a pagare circa il 10% di Irpef. Spagna, che è più equilibrata e protegge le fasce deboli, esenta dalle imposte i pensionati fino alla cifra di circa 12.000,00 € l’anno. Pertanto, i suoi lettori, pensionati italiani che hanno solo il reddito da pensione inferiore a questa cifra possono non presentare la dichiarazione dei redditi.

VT: Una bella notizia!

GC: Attenzione: basta un secondo reddito, anche minimo, per avere l’obbligo di presentarla. Inoltre io consiglio a tutti gli italiani di presentarla comunque.

VT: Mi spiega bene perchè le sembra conveniente?

GC: A parte che non pagherà nulla lo stesso, ci sono vari motivi e tutti legati alla difficoltà di dimostrare la propria reale residenza fiscale. Vorrei, ad esempio, fare notare che, con la detassazione della pensione, Italia rinuncia a incassare l’Irpef dai suoi pensionati emigrati. Questo non vuole dire che rinuncia a controllare che tale imposta sia pagata nell’altro Paese. Se dovesse quindi richiedere la prova a un pensionato, come sta accadendo sempre più spesso, è molto più semplice inviare un certificato del fisco spagnolo che attesta la presentazione della dichiarazione piuttosto che dover dimostrare di esserne esenti. Non le sembra?