2018, agosto

VT: Come mai questo argomento?

Giovanni Comoli: Lei cosa ne pensa della burocrazia?

VT: Ha mai capito che nelle nostre interviste sono io quella che fa le domande e lei quello che risponde?

GC: Si, lo so, però se qualche volte facciamo al contrario e lei mi offre le sue opinioni, non ci vedo nulla di male.

VT: Si sbaglia! Il ruolo dell’intervistatore è quello di fornire ai lettori l’opinione dell’intervistato in modo razionale e imparziale. Se ci mettessi dentro le mie opinioni, non sarei nè uno nè l’altro.

GC: Razionalità e imparzialità…. lo sa che sono i due valori base che regolano qualsiasi processo burocratico?

VT: Ah, ma allora mi stava manipolando per farmi dire quello che voleva lei…!

GC: Mi perdoni! Era un gioco innocente che aveva lo scopo di dimostrare che alla base di tutto quello che facciamo, sempre ci sono dei principi da seguire. Negarli o ignorarli, vuol dire snaturare il ruolo prefissato.

VT: Capisco! Come un arbitro che deve prendere decisioni imparziali mentre tifa per una delle due squadre.

GC: Effettivamente è un esempio calzante.

VT: Mi sembra che stia parlando più di valori che di burocrazia!

GC: Sono perfettamente interconnessi.

VT: Come?

GC: Vede, esiste una forte discrepanza da parte del “popolo” verso la burocrazia, come se questa non lo riguardasse. Eppure senza le banche dati dei vari Uffici Pubblici, nessuno potrebbe dimostrare di essere il proprietario di una casa, di una macchina, di avere coniuge e figli oppure ancora di essere nato.

VT: Si, però a volte la gente la considera esagerata.

GC: Certo, perchè tutti vorremmo vivere con la tecnologia attuale, ma con la familiarità di cent’anni fa. Allora una buona parte della popolazione europea viveva in compagna o in paesini dove tutti si conoscevano, non esisteva l’auto, le linee telefoniche fisse o mobili, il fisco era praticamente inesistente e neppure si versavano contributi per la pensione.

VT: Bisogna ammettere che il cambio è stato incredibile!

GC: Per farle capire la portata, prendiamo ad esempio il mondo dell’auto limitandolo all’Italia. Fino a dopo la II Guerra Mondiale, era vista come un prodotto di lusso riservato a pochi abbienti. A partire dagli anni sessanta si è trasformata in un “elettrodomestico” di uso comune e indispensabile. L’esponenziale aumento del numero di auto in circolazione, ha provocato un inevitabile aumento del numero di incidenti. Risultato? L’obbligo per tutti gli automobilisti di stipulare un’assicurazione. Anche per controllare che tutti la contraessero, ecco nascere la necessità di creare i registri automobilistici. Oggi circolano in Italia circa 670 auto ogni 1.000 abitanti e per di più, è cambiata l’abitudine del possesso: le auto non si tengono più fino alla rottamazione, ma si cambiano spesso provocando milioni di trasferimenti di proprietà. 

VT: Capisco ora il suo punto di vista sulla burocrazia! Se non esistesse, non si potrebbe sapere se chi ce la vende è il reale proprietario, dimostrare a terzi di averla comprata o intuire che esistono sistemi per migliorare la sicurezza sulle strade.

GC: Certo! Inoltre, ed è un dato molto importante sulla funzione dell’Europa Unita, in Italia stanno sensibilmente diminuendo i furti d’auto. Il maggior interscambio di informazioni fra i registri automobilistici dei vari Paesi Europei, sta rendendo sempre più difficile lo smercio di questi veicoli. Come si vede da questo esempio, anche se la accettiamo a denti stretti, la burocrazia e le banche dati sono utili.

VT: Uhmm… è vero come dice lei che a maggiori numeri, maggiore quantità di burocrazia, però a volte sembra davvero troppa.

GC: Purtroppo, è il ruolo dello Stato ad essere cresciuto troppo. Dagli anni sessanta in avanti, i Governi che si sono succeduti nei Paesi Europei, hanno aumentato in modo esponenziale aiuti e sovvenzioni ai cittadini: assistenza sanitaria senza limiti, case popolari, pensioni d’invalidità, di reversibilità, sussidi di dissocupazione, assistenze sociali, ecc. Questa gran massa di soldi erogata ai più deboli, produce dall’altro lato un aumento del carico fiscale per imprese e lavoratori.

VT: Quindi è contrario ad una politica di ridistribuzione del reddito?

GC: Non si tratta di questo: sono contrario agli sprechi. Se gli aiuti ai più deboli rendono  meno competitive le nostre imprese sul mercato globale di oggi, in contropartita deve esistere, per lo meno, un alto livello di controllo affinchè tali aiuti arrivino a chi ne ha veramente diritto e bisogno. Come abbiamo detto più volte, gli abitanti dei Paesi Nordici hanno una maggior consapevolezza dello Stato come fonte di ricchezza comune per cui richiedono ai funzionari (e a se stessi) comportamenti in linea con i principi di razionalità e imparzialità.

VT: Effettivamente noi Europei del Sud non siamo cosí virtuosi.

GC: Difatti, quando i controlli erano minimi (intendo negli anni ’80 e ’90), gli aiuti come case popolari e pensioni d’invalidità erano assegnati più per conoscenze, contatti e clientelismo che in base a merito o diritto. Ci eravamo abituati a chiedere al funzionario di turno un “favore”, la precedenza o il “chiudere un occhio” invece di aspettarci che facesse il suo lavoro con imparzialità. La cosa altrettanto grave è che questi ce lo permettevano.

VT: Sta cambiando qualcosa, secondo lei?

GC: Quello che oggi tutti consideriamo un’esagerato aumento della burocrazia, non è altro che l’inasprimento dei sistemi di controllo per rendere la vita difficile ai “furbi”. Mi sembra un prezzo accettabile da pagare per avere uno Stato più giusto.