2015, aprile
ViviTenerife – È il desiderio di molti dei nostri connazionali, no?
Giovanni Comoli – La difficile situazione italiana, unita a un certa cultura per cui all’estero tutto è più bello e funzionale, sta spingendo molti italiani a cercare un cambio di vita.
È possibile sapere quanti sono venuti a vivere nelle Canarie?
Invito tutti a curiosare la pagina web dell’Istituto Spagnolo di Statistiche (WWW.INE.ES). Ci vuole un attimo per capirne il funzionamento, però, superato questo scoglio, si entra in contatto con una massa interessante d’informazioni. I dati demografici sono aggiornati al 1 Gennaio 2014, però sono comunque attendibili.
Che numeri ha trovato?
Beh, che dei circa 2.100.000 residenti nelle Canarie, gli stranieri sono quasi il 18% e noi italiani, con 22.432 presenze, poco più dell’1% della popolazione. Però se andiamo nel dettaglio e ci limitiamo ai 6 Comuni della costa nel Sud di Tenerife, risultiamo essere circa 9.000, cioè il 4% della popolazione e la seconda etnia straniera dopo gli inglesi.
Ha trovato qualche altro dato interessante?
Sì, uno che mi ha colpito molto: le donne sono solo il 40% degli italiani residenti nelle Canarie. Cioè, mentre tutti gli altri popoli europei hanno una quantità di emigrati similare fra i due generi, noi italiani siamo gli unici per cui gli uomini si sono trasferiti in numero molto maggiore rispetto alle loro compagne.
Che significa questo, secondo lei?
Non sono un esperto demografico, però credo ci sia dietro un certo nostro tradizionale attaccamento ai valori della famiglia. Comunque lascio che ognuno tragga le sue conclusioni. Quello che però dimostra è la notevole differenza culturale che abbiamo con gli altri popoli europei.
Mi ha sorpreso scoprire che abbiamo superato in numero i tedeschi. Significa che molti italiani hanno realizzato il loro sogno.
È vero! Quello che però mi dispiace è per tutti quelli per cui il sogno si è trasformato in un incubo. Sono venuti, ci hanno provato e sono rientrati in Italia con meno soldi e una grande delusione. Non esistono statistiche per confermare il dato, ma ritengo che almeno 2 su 3 nuovi arrivati non ce la faccia.
Perchè succede questo?
Perchè esiste una certa difficoltá a capire che un cambio di Paese non è lo stesso che un cambio di paese. È un gioco di parole per attirare l’attenzione sul fatto che trasferirsi all’estero non è come cambiare di cittá nello stesso Stato. Emigrare presuppone una predisposizione particolare per accettare regole sconosciute. Non sempre la vedo nei nuovi arrivati.
Parla della lingua?
Beh, questa è una delle mancanze. A me, come a lei, capita tutti i giorni sentire qualcuno dire: “è che quí nessuno parla italiano!”. Come se fosse una loro colpa. Imparare la lingua del Paese che ci ospita è il primo degli obblighi che abbiamo. Bisogna cominciare a vedere il telegiornale spagnolo, leggere anche i loro periodici, essere informati su Leggi e regole. L’altra grande difficoltá da superare è accettare i differenti valori culturali.
Cosa intende?
Le faccio un esempio! Gli spagnoli usano portare la fede nel dito anulare della mano destra. Ho spesso sentito dire che usano la mano sbagliata. Affermare questo indica la esistenza di una regola universale che stabilisce qual è la mano giusta. Eppure la consuetudine italiana di portare l’anello nella mano sinistra non è altra che questo, un uso, un costume, un’abitudine. Partire dal presupposto che in Italia le cose si facciano in modo giusto o meglio, porta all’isolamento, non certo all’integrazione. Bisogna essere umili.
Perchè parla di umiltà?
Perchè bisogna mettersi nei panni di chi ci riceve e vedere le cose dal suo punto di vista. Il Marocco è uno Stato con una lunga e affascinante storia, una cultura millenaria e una cucina ricca di piatti prelibati. In Italia, l’arrivo dei marocchini è sempre stato vissuto con supponenza. Emigrando, anche noi dichiariamo implicitamente l’insuccesso nel nostro Paese ed è incoerente questo con atteggiamenti presuntuosi o la mancanza di umiltà.