2016, dicembre

ViviTenerife: Oh, finalmente si è deciso a parlare del settore immobiliare come le chiedo da tempo!

Giovanni Comoli: Già, è vero che più volte mi ha chiesto di toccare questo tema. Mi spiace, devo deluderla un’altra volta. Questo mese vorrei parlare degli aspetti fiscali della vendita delle case. 

VT: Perchè è così importante ora? Non si può parlarne in un altro periodo?

GC: Comincia l’inverno e con l’arrivo del “freddo”, inizia l’epoca della maggior parte delle compravendite immobiliari. Per questo motivo penso sia il momento di spiegare quali sono i costi fiscali e gli adempimenti.

VT: Visto che l’argomento lo decide lei…. cosa vuole dire in merito?

GC: Inizierei a spiegare in grandi linee le differenze fiscali fra Italia e Spagna per capire i motivi di certi obblighi.

VT: Mi sembra un argomento molto interessante.

GC: Non si aspetti troppo, è solo una infarinatura…..!

VT: Non si preoccupi, so che non si può trattare un’intera materia in poche righe.

GC: Bene! Cominciamo con alcune definizioni di Economia, valide in qualsiasi Paese. Le imposte possono essere indirette, quando colpiscono i consumi, o dirette, cioè applicate sui redditi nel momento in cui questi vengono prodotti. Sono tre i tipi diversi di reddito: quello da lavoro, colpito da un’imposta progressiva, quello da risparmio, soggetto a percentuali fisse, nonchè le variazioni patrimoniali, come ad esempio successioni, donazioni e plusvalenze.

VT: Che si intende per plusvalenze?

GC: Sono i guadagni ottenuti dalla differenza fra un prezzo di acquisto e quello di vendita. È un termine che si riferisce alle compravendite di titoli, azioni, prodotti finanziari o immobiliari.

VT: Immobiliari…. vedo che sta cominciamo ad avvicinarsi all’argomento….!

GC: Già! La differenza sostanziale fra Italia e Spagna è che il Bel Paese esenta la maggior parte dei redditi da patrimonio per colpire principalmente quelli da lavoro. Al contrario, Spagna è benevolente con questi ultimi per dedicare la sua attenzione alle variazioni patrimoniali.

VT: Se ho capito bene cosa vuole dire, in Italia le plusvalenze immobiliari sono quasi sempre esenti, mentre in Spagna tributano sempre.

GC: Ha capito perfettamente!

VT: Non poteva dirlo così semplicemente?

GC: C’è più soddisfazione a vedere che ci arriva da sola.

VT: Va bene! Dunque, che si paga sulle plusvalenze immobiliari?

GC: Questo reddito è soggetto all’IRPF (Imposte delle Persone Fisiche) e all’IRNR (imposte dei Redditi dei Non Residenti). Le due imposte sono sostitutive, cioè si applica una sola delle due a seconda della residenza del contribuente. Per questo è importante definirla con attenzione.

VT: Che percentuale si paga?

GC: Preferirei prima spiegare come si arriva all’imponibile su cui poi si applicherà la percentuale d’imposta.

VT: D’accordo! Se le sembra meglio….!

GC: Per calcolare l’imponibile, occorre prendere il prezzo di vendita indicato nell’atto e detrarre i costi di vendita come ad esempio l’eventuale fattura dell’immobiliare e l’incremento del valore sul terreno che si paga al Comune.

VT: Incremento del valore? Cos’è, un’altra tassa?

GC: Sì! Sulle case sempre occorre tenere in considerazione due enti: il Comune e l’IRPEF. L’incremento non è altro che l’INVIM, la tassa comunale analoga, eliminata in Italia dal 1992. In Spagna è in vigore e si paga al momento della vendita di una proprietà in rapporto al numero di anni che la si è posseduta.

VT: Per lo meno, se ho capito bene, si scarica!

GC: Certo! Fa parte dei costi di vendita e diminuisce la cifra che abbiamo percepito. Calcolato l’importo di vendita, si detrae la somma dei costi d’acquisto, e cioè prezzo dell’immobile, Notaio, Registro de Las Propiedades, imposta, eventuale fattura d’agenzia, ecc. Quello che si ottiene è l’imponibile.

VT: Sul quale si paga la percentuale del…

GC: Attualmente del 19%, sia sul modello 100, riservato ai residenti e da presentare l’anno successivo, sia sul 210 da usare quando si è residenti in un altro Paese e da presentare entro quattro mesi dalla vendita. In tutti e due i casi si è esentati dall’imposta se si è venduta la prima casa e si ha intenzione di reinvestire in un’altra prima casa, anche all’estero, entro due anni dalla vendita.

VT: Scusi, se non si è ottenuta una plusvalenza ma si sono persi soldi?

GC: Quando il venditore è un cittadino straniero che non può ottenere un certificato di residenza fiscale in Spagna, il compratore è obbligato per Legge a trattenere il 3% del prezzo fissato di vendita per versarlo al fisco a titolo di deposito cauzionale. Il venditore fa preparare il modello 210 e scopre, nella maggioranza dei casi, che gli hanno trattenuto un importo più alto di quanto sarebbe stato corretto. Presenta la richiesta di rimborso e, se ha sempre ottemperato con le sue dichiarazioni periodiche, in pochi mesi riceve il rimborso. In caso contrario, dovrà aspettare qualche anno.

VT: Che succede, invece, se il 3% non è sufficiente e deve pagare una differenza?

GC: Anche se le norme hanno sempre previsto il dovere del contribuente straniero di presentare comunque il modello 210 ogni volta che vendeva una proprietà, nella pratica, quando c’era una differenza da pagare non si presentava per evitare l’esborso. Alla fine dei conti il fisco si accontentava del 3%. Dal 01 Gennaio 2015, la percentuale d’imposta è scesa pero, in cambio, il fisco ha aumentati i controlli e le richieste delle differenze. Chi non vuole versarla dovrà fare attenzione a non scordarsi un c/c aperto o una seconda proprietà in Spagna. Potrebbe trovarsi con delle sorprese.